Note a sentenza responsabilità medico-sanitaria
Responsabilità medica nella disciplina anteriore all’entrata in vigore della Legge Gelli-Bianco (L. n. 24/2017), nesso causale civilistico e responsabilità per mancato od incompleto consenso informato: note a margine della sentenza del Tribunale di Roma n. 11549/2025.
- Premessa.
La sentenza in commento, pubblicata il 1.8.2025, costituisce un’esemplare applicazione dei principi affermati in tema di responsabilità civile medico-sanitaria e conferma l’orientamento giurisprudenziale ormai consolidato per il quale la responsabilità della struttura sanitaria è e resta ‘contrattuale’ anche per i fatti anteriori all’entrata in vigore della Legge Gelli-Bianco (L. n. 24/2017), mentre quella del medico può assumere natura extracontrattuale solo per gli eventi successivi alla stessa (Cass. n. 28994/2019 per la quale, in tema di responsabilità sanitaria, le norme poste dagli artt. 3, co. 1, del D.L. n. 158/2012, convertito dalla L. n. 189/2012, e dall’art. 7, co. 3, della L. n. 24/2017, non hanno efficacia retroattiva e non sono applicabili ai fatti verificatisi anteriormente alla loro entrata in vigore).
Il caso riguarda il decesso di un paziente a seguito di complicanze post-operatorie successive ad un intervento di colecistectomia eseguito nel 2015 presso un nosocomio romano. Gli eredi del decuius hanno convenuto in giudizio la struttura sanitaria ed il chirurgo, deducendo negligenze diagnostiche, errori chirurgici e carenze informative e domandando il risarcimento del danno non patrimoniale da perdita parentale.
La domanda, all’esito dell’istruzione della causa, è stata tuttavia integralmente rigettata con condanna degli attori alla rifusione delle spese di lite.
- Il regime di responsabilità anteriore alla Legge Gelli-Bianco (L. n. 24/2017).
Il Tribunale di Roma ha qualificato correttamente la responsabilità della struttura sanitaria come contrattuale, ai sensi degli artt. 1218 e 1228 c.c., trattandosi di fatto avvenuto nel 2015.
La responsabilità contrattuale della struttura, secondo l’insegnamento di Cass. n. 1620/2012, si estende anche all’attività svolta dai sanitari non dipendenti in qualità di ausiliari.
Quanto al medico, il Tribunale ha riconosciuto che, per i fatti anteriori all’entrata in vigore della L. n. 24/2017, il rapporto con il paziente si fonda sul contatto sociale qualificato che determina la responsabilità contrattuale dell’operatore. In argomento, la Cassazione ha ribadito tale principio in molteplici occasioni (Cass. n. 8826/2007; Cass. S.U. n. 577/2008), sottolineando come la prestazione medico-sanitaria generi un’obbligazione di protezione fondata sul contatto.
- Nesso causale e riparto dell’onere probatorio.
Il punto centrale della decisione è rappresentato dal rigetto della domanda per difetto del nesso causale secondo il parametro del “più probabile che non”.
Il Giudice ha aderito integralmente alla CTU medico-legale e ne ha fatto proprie le considerazioni e le conclusioni che hanno escluso errori tecnici nell’esecuzione dell’operazione chirurgica, ritenendola conforme alle leges artis, nonché l’assenza di ritardi od omissioni significative nella gestione delle complicanze post-operatorie.
Il criterio del “più probabile che non”, come affermato da Cass. n. 20904/2013, è lo standard probatorio che governa l’accertamento del nesso eziologico in ambito civilistico. È esclusa ogni applicazione della regola del “dubbio ragionevole” propria del diverso processo penale (Cass. n. 581/2008).
Quanto al riparto dell’onere della prova, in tema di responsabilità contrattuale sanitaria, il paziente deve dimostrare l’esistenza del contratto (o del contatto), l’insorgenza del danno ed allegare l’inadempimento astrattamente idoneo a provocarlo. Incombe poi sul sanitario dimostrare l’adempimento ovvero l’impossibilità sopravvenuta non imputabile (Cass. n. 18102/2020; Cass. n. 28991/2019).
Nel caso concreto, la consulenza ha ritenuto che le complicanze sopraggiunte non fossero prevedibili, né altrimenti evitabili e che l’approccio clinico fosse stato tempestivo e conforme alle linee guida.
- Il consenso informato: tra diritto all’autodeterminazione e danno-evento.
Un ulteriore profilo trattato nella sentenza riguarda la valutazione del consenso informato. I CTU hanno evidenziato la genericità del modulo utilizzato, ritenendolo inadeguato rispetto alla complessità del caso. Tuttavia, in assenza di una prova che il paziente, ove correttamente informato, avrebbe rifiutato l’intervento, il Tribunale ha escluso qualsiasi rilievo causale della violazione dell’obbligo informativo.
Sul punto, la giurisprudenza ha più volte chiarito che il risarcimento per lesione del diritto all’autodeterminazione presuppone:
- la mancanza di informazione sufficiente;
- la dimostrazione (anche a mezzo di presunzioni) che, se correttamente informato, il paziente avrebbe rifiutato l’intervento (Cass. n. 20885/2018; Cass. n. 18932/2017);
- in mancanza di tale prova, il difetto informativo può dar luogo solo ad una responsabilità contrattuale autonoma, ma non ad un risarcimento per danno alla salute.
- Considerazioni conclusive.
La sentenza si inserisce coerentemente nel solco giurisprudenziale che valorizza:
- il rigore dell’accertamento causale nelle azioni di responsabilità medica (anche e soprattutto per fattispecie non ricadenti ratione temporis nella disciplina della L. n. 24/2017);
- la centralità della prova dell’inadempimento qualificato;
- l’adesione alle linee guida e alla prassi clinica come criterio di valutazione dell’operato del sanitario (art. 3 L. n. 189/2012 ed art. 5 L. n. 24/2017);
- la distinzione tra violazione del diritto all’autodeterminazione e danno alla salute in caso di carente informazione.
La pronuncia conferma che, in materia di responsabilità sanitaria, il giudice civile è chiamato ad esercitare un controllo rigoroso sul piano probatorio, evitando che la mera insorgenza di un evento sfavorevole venga automaticamente imputata alla colpa del sanitario e della struttura ospedaliera.